Gianpietro Séry

Al lavoro e figlio
(riflessioni su un uomo: Giovanni Paolo II)

Leggo:

“ ‘Dio si è ricordato della sua misericordia’, sono le parole del Magnificat, quelle di Maria che ringrazia perché Dio ha disperso i superbi e ha innalzato gli umili. Dopo averle recitate, il Papa si ferma, si guarda attorno, chiede in polacco: ‘Aiutatemi’. Subito gli portano un bicchiere d'acqua. Gli occhi dei 300 mila pellegrini sono su di lui. Attimi che sembrano interminabili, poi la preoccupazione si scioglie in un applauso caldo e affettuoso. E il Papa riprende a parlare. Guarda il testo dell'omelia e si convince: posso continuare .”

Fin qui la cronaca di un giornalista.

“... Dopo settantaquattro anni di duro lavoro...”: scrive Freud al direttore di "Time and Tide", a Londra, il 16 novembre 1938 (noto che quindi inizia il conto dai suoi cinque anni di vita...!).

Sono pochi di più, ottanta, per questo Papa.

Che strano: nel 1978 ci aspettavamo che le novità di questo pontificato fossero il suo “robusto fisico sportivo” e la sua “giovinezza orientale” (“giovane bello e palestrato” come si dice oggi): 58 anni non si erano mai visti, abituati come eravamo ad anziani pontefici in sedia gestatoria.

Oggi il tempo ci ha aiutati a vedere bene.

La novità non è venuta affatto dalla giovinezza.

Essa viene ora, dalla evidenza quotidiana di ottanta anni di “duro lavoro”.

Quel corpo, è bene dirlo finalmente a tutti, non ha la forma della malattia (essa solo lo segna) ma del pensiero che lo costituisce.

Ogni atto del Papa è con evidenza una sua iniziativa.

Ogni gesto, un agire in modo tale da raggiungere in esso la pace.

“Sono giunto alla meta”, dice appena giunto alla grotta di Lourdes.

E giornalisti e preti e vescovi (troppi) lì subito a dire che “simbolicamente” parla della sua morte (e vorrebbero metterlo in pensione o di vecchiaia o di malattia) e forse è andato a Lourdes a chiedere il miracolo della guarigione.

“Poveretto, che pena, è un invalido, non ce la fa più...”

Roba da ridere: scandalucci da retrobotteghe di chi pensa alle “tappe” del tour de france della vita (con scandalo per l’ultima e nessuna maglia gialla... tutto terribilmente scolorito).

Come non vedere che “il miracolo” è lì ?

Proprio in quel continuo, concludente, ri-inizio.

Ogni atto del Papa giunge alla meta (la pulsione di “morte” di Freud è comprensibile solo come “desiderio di pace” nella guarigione... finalmente lo abbiamo imparato anche noi).

Ricordo un giorno in macchina, alla radio lo psicolongo (certe teorie sono troppo evidentemente robe viscerali) di turno che maltrattava una signora il cui marito, malato terminale di cancro, non voleva più in ospedale farsi vedere da lei: “deve capire, cara signora, suo marito ha perfettamente ragione, cerca di evitarle la visione di un uomo che è ormai ridotto a un relitto umiliato e svilito dall’orribile dolore della malattia! Meglio ricordarlo come era, quando era giovane e bello !”

Un Papa (non un “vecchio uomo”... solo semplicemente uomo) che davanti a 300 mila persone e sotto l’obiettivo anche non televisivo dell’Universo (ogni atto è pubblico), lavorando chiede aiuto (collaborazione), beve un bicchiere d’acqua e sussurra in polacco “Matka” (mamma: la donna probabilmente giudicata e quindi amata), ed elabora il pensiero che si può continuare per la meta sua e di tutti... un uomo così noi non vogliamo ricordarlo quando era giovane e bello: ci piace ora.

Nessuno ci impedisca di guardarlo al lavoro figlio.

 

Gianpietro Séry, 23 agosto 2004.


 

 

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